Quando mi arrivano quelle richieste un po’ particolari — tipo “mi disegni qualcosa su un calice?” — non solo non mi spavento, ma gongolo come un artista con la matita nuova! Perché sì, incidere sul vetro è un po’ come disegnare su un foglio… solo che il foglio è trasparente, curvo, e se sbagli…bé, è meglio che non accada!.
Uso sempre lo stesso strumento, ma riesco a creare sfumature come se avessi un’intera scatola di matite: più incido forte, più ottengo un effetto chiaro; se vado leggero, il tratto resta scuro. Sembra un controsenso, ma è proprio come nei vecchi negativi fotografici: il bianco è dove la luce è passata, il nero dove si è fermata.
Incidere, in fondo, è un’arte primitiva e sofisticata insieme: si scolpisce la superficie per tirare fuori l’anima del vetro. Lo si porta quasi a nudo, al suo stato grezzo, e nel farlo gli si dà nuova vita.
E poi arriva la magia: la luce. Quando colpisce l’incisione, il disegno prende vita, si muove, brilla… quasi ti fa l’occhiolino. E lì capisci che non stai solo decorando un bicchiere: stai raccontando una storia che si accende ogni volta che qualcuno alza il calice.
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